Gli appelli

La firma di appelli e’ il primo e fondamentale strumento di attivazione di Amnesty International. Peter Benenson, il suo fondatore, lanciò la mobilitazione in difesa del diritto di opinione attraverso la richiesta di aderire ad una petizione.

Da oltre sessant’anni le firme della gente comune mostrano la loro efficacia nel lavoro di Amnesty. L’obiettivo è quello di mobilitare l’opinione pubblica sulle violazioni dei diritti umani: migliaia di cartoline, telegrammi, lettere, fax, messaggi di posta elettronica creano intorno ai singoli casi o alle tematiche più scottanti, una visibilità e un interesse mondiale difficili da ignorare da parte dei destinatari.

Qui di seguito puoi trovare alcuni appelli da sottoscrivere. Bastano pochi minuti: clicca sul tasto giallo, leggi attentamente i dettagli del caso e lascia la tua firma on-line. Grazie!

 


AFGHANISTAN: Matiullah Wesa

L’Afghanistan è l’unico paese al mondo che proibisce alle donne e alle ragazze di frequentare la scuola o l’università.
Matiullah Wesa è un educatore, fondatore e dirigente di PenPath, un collettivo di 3000 volontari che fanno campagne nei distretti e nelle province remote dell’Afghanistan sull’importanza dell’istruzione, in particolare dell’istruzione femminile.
Il 27 marzo 2023 Wesa è stato arrestato con accuse pretestuose. La sua famiglia non ha ancora ricevuto il permesso di fargli visita.
Ora anche tutti gli altri volontari per il diritto all’istruzione sono a rischio.
Chiediamo l’immediata liberazione di Wesa e la riapertura delle scuole per le donne di tutte le età.


RUSSIA: Maksym Butkevych

Maksym Butkevych, un difensore dei diritti umani ucraino, è stato condannato ad una lunga pena detentiva per un crimine che non avrebbe potuto commettere, in un processo farsa da parte della cosiddetta corte suprema di Luhansk occupata dai russi, nell’Ucraina orientale. Questa decisione deve essere annullata. Privare intenzionalmente un prigioniero di guerra di un processo equo è un crimine di guerra e i responsabili devono essere chiamati a risponderne.


IRAN: Ahmadreza Djalali

Ahmadreza Djalali ricercatore iraniano-svedese, esperto di Medicina dei disastri e assistenza umanitaria, che per alcuni anni ha lavorato presso l’Università del Piemonte Orientale di Novara, arrestato nel 2016 in Iran, condannato a morte l’anno dopo per una falsa accusa di spionaggio ed a rischio di esecuzione


REGNO UNITO: Julian Assange

Julian Assange, da oltre 10 anni è privato della libertà personale e a rischio di estradizione negli Usa per aver reso note informazioni di interesse pubblico. Se estradato, correrà il rischio di essere posto in isolamento prolungato, in violazione del divieto di maltrattamenti e torture e di subire una condanna fino a 175 anni di carcere. Il giornalismo investigativo è a rischio, in tutto il mondo. Chiediamo al Regno Unito di non estradare Assange e agli Usa di annullare le accuse affinché Assange sia liberato. Leggi i dettagli e firma l’appello online.


STATI UNITI: Leonard Peltier

Attivista del Movimento indiano americano, è detenuto negli Stati Uniti da oltre 46 anni – alcuni dei quali trascorsi in isolamento – per scontare la condanna a due ergastoli per l’omicidio di due agenti dell’Fbi avvenuto nel 1975, nonostante le preoccupazioni dovute a una mancanza di equità del suo processo.
Leonard Peltier ha sempre sostenuto la sua innocenza. Oggi è detenuto in Florida, a circa 2000 miglia dalla sua famiglia nel Nord Dakota. Ha 78 anni ed è affetto da diversi disturbi cronici di salute. Chiediamo al presidente Biden di concedere a Leonard Peltier la grazia, sia per motivi umanitari che per una questione di giustizia.


BAHREIN: Abdulhadi Al-Khawaja

Abdulhadi Al-Khawaja, che ha anche passaporto danese, è uno dei più noti difensori dei diritti umani del Bahrein. Nel 2011 è stato arrestato con l’accusa di essere stato tra gli ispiratori delle proteste di massa contro il governo. È stato torturato in carcere e condannato all’ergastolo al termine di un processo gravemente iniquo. È un prigioniero di coscienza, detenuto arbitrariamente da quasi 12 anni solo per aver esercitato i suoi diritti alla libertà di riunione pacifica e di espressione. Deve essere scarcerato immediatamente e senza condizioni.


ANDORRA: Vanessa Mendoza Cortés

Potrebbe essere processata solo per aver parlato in difesa dei diritti delle donne in Andorra, compreso il diritto di aborto, nel 2019 davanti a un organismo delle Nazioni Unite. L’accusa è quella di “reato contro il prestigio delle istituzioni”. Vanessa Mendoza Cortés, psicologa, è la presidente dell’Organizzazione per i diritti delle donne “Stop alla violenza”, (Associació Stop Violències, in catalano), che si occupa di violenza di genere, diritti sessuali e riproduttivi e sostiene l’aborto sicuro e legale in Andorra.


IRAN: Zeynab Jalalian

Zeynab Jalalian, 41 anni, è un’attivista curda iraniana che si batte per l’emancipazione delle donne e delle ragazze della sua minoranza oppressa.
E’ stata condannata a morte per il reato di “inimicizia contro Dio” (moharebeh) e la sua pena è stata successivamente commutata in ergastolo.
È in carcere dal marzo 2008, nella prigione di Yazd, a 1400 km dalla sua famiglia, residente nella provincia dell’Azerbaigian occidentale. È stata ripetutamente sottoposta a torture e maltrattamenti.


ISRAELE: Ahmad Manasra

Nel 2015 le autorità israeliane hanno arrestato Ahmad Manasra, che all’epoca aveva 13 anni, e lo hanno duramente interrogato e minacciato senza la presenza di un avvocato. Da allora è in carcere e dall’inizio di novembre 2021 in isolamento. Ad Ahmad è stata diagnosticata la schizofrenia, soffre di allucinazioni psicotiche ed è gravemente depresso con pensieri suicidi: è uno degli innumerevoli palestinesi i cui diritti da bambino sono stati spazzati via dal sistema giudiziario israeliano, profondamente imperfetto, e deve essere rilasciato.


MAROCCO: Nasser Zefzafi

Nasser viveva con la sua famiglia nella regione del Rif, a nord del Marocco. Una regione povera, in cui la popolazione è messa ai margini.
Fu arrestato per aver interrotto un sermone in una moschea e per aver accusato l’Imam di agire come portavoce delle autorità. Per questo è stato tenuto in isolamento, maltrattato, torturato e condannato a 20 anni di carcere


CUBA: Luis Manuel Otero Alcántara

“Il governo possiede tutto ciò che hai: il tuo salario, la tua famiglia, è proprietario di tutto ciò che vuole. Tranne di una cosa: la tua mente, la tua volontà e il tuo desiderio di libertà”.

Luis Manuel Otero Alcántara

Luis Manuel è un artista cubano. E’ stato intimidito, sorvegliato, detenuto in condizioni disumane.


FEDERAZIONE RUSSA – Aleksandra Skochilenko

“Non importa che cosa cercheranno di fare con me i miei accusatori, non importa come cercheranno di calpestarmi nel fango, umiliarmi, mettermi nelle condizioni più disumane. Tirerò fuori la parte più luminosa, più incredibile e più bella da questa esperienza”.

Aleksandra Skochilenko

Dall’11 aprile 2022 detenuta in Russia per essersi opposta alla guerra. Qualora venisse condannata rischierebbe fino a 10 anni di reclusione.


CILE: Gustavo Gatica

L’8 novembre 2019, lo studente di 21 anni Gustavo Gatica stava manifestando in piazza, a Santiago, insieme a milioni di persone per l‘aumento del costo della vita e delle diseguaglianze nel Paese. Gli agenti hanno sparato sulla folla di manifestanti, colpendo Gustavo a entrambi gli occhi, lasciandolo permanentemente cieco.


HONG KONG: Chow Hang-tung

L’avvocata per i diritti umani e sostenitrice dei diritti del lavoro Chow Hang-tung, attualmente incarcerata, a settembre 2021 è stata accusata di “incitamento alla sovversione” ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale e rischia una pena detentiva fino a 10 anni. Insieme ad altri leader dell’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti democratici patriottici della Cina (detta anche “l’Alleanza”), è stata presa di mira solo per aver commemorato pacificamente la repressione di Tienanmen del 1989.


TURCHIA: Osman Kavala

Il 25 aprile 2022 Osman Kavala, filantropo e attivista della società civile turca, è stato condannato al carcere a vita in un processo farsa per “aver tentato di rovesciare il governo turco” durante le proteste di Gezi Park contro Erdogan. Insieme a lui, altre sette persone – Mücella Yapıcı, Çiğdem Mater, Mine Özerden, Can Atalay, Tayfun Kahraman e Hakan Altınay – hanno ricevuto una condanna a 18 anni per averlo presumibilmente aiutato nell’operazione. Un accanimento giudiziario che va avanti da troppo tempo. Le accuse contro di lui devono essere annullate. Chiediamo che Osman e tutti i difensori di Gezi Park vengano liberati subito!